notizie immobiliari
lunedì 9 novembre 2009
Piano casa: parte in salita.
Prima lo scoglio delle Regioni. Ora ci si mettono i Comuni. Il piano casa voluto dal Governo e che dovrebbe consentire l’ampliamento delle cubature di villette del 20% in caso di ristrutturazione o nuova edificazione a fronte di oneri di urbanizzazione ridotti, sta partendo lentamente.
Finora infatti sono 16 su 21 le leggi regionali approvate per attuare il piano casa, in territori che inglobano il 77% della popolazione italiana. Ma il problema rimasto è quello di rendere operativi i procedimenti burocratici: non sono molte le regioni che hanno già adottato le procedure e gli strumenti necessari per presentare le richieste di ampliamento e chiedere i permessi per costruire. Mancano le delibere attuative delle leggi regionali e quindi il via libera da parte dei Comuni che normalmente si prendono almeno tre mesi di tempo per poter decidere in materia.
Si allungano dunque i tempi per sbloccare il piano casa e dare nuovo impulso all’edilizia.
Infatti, come dimostra un’indagine pubblicata lunedì 9 da IlSole24Ore, solo ora l’intesa nazionale sul piano, declinata già a livello regionale, sta approdando nei consigli comunali. Un passo necessario, perché chi vorrà portare avanti i lavori beneficiando del piano casa, dovrà proprio far riferimento alle norme stabilite a livello comunale.
Ma c’è di più: in caso di delibera emanata dai Comuni, la sua ricerca è difficilissima. Complicato trovarla sui siti degli enti locali, complicato trovare qualcuno che possa fornire indicazioni in materia.
Sempre IlSole24Ore dimostra come i capoluoghi di provincia che hanno già deliberato una normativa su questo tema sono 31 su 47 e nel loro lavoro di attuazione hanno più che altro specificato le aree dove il piano casa non può essere applicato per tutelare zone a rischio idrogeologico o con particolari requisiti ambientali. È il caso della riviera di Rimini, delle aree verdi dichiarate patrimonio ambientale a Perugia. O ancora: il divieto di fare l’espansione del business su edifici di rilevanza storica, come per i palazzi degli anni ‘30 di Bergamo. Venezia, dal canto suo, non ha proprio deliberato il piano casa, stante la specificità della sua posizione, mentre a Verona vengono tutelate le ville liberty e i parchi; Belluno ha ampliato lo sconto del 20% sugli oneri per gli interventi di bioedilizia. E si potrebbe proseguire a lungo.
Quello che sembra di capire è che la scossa al mercato immobiliare prevista nei progetti del governo non arriverà. O comunque non in tempi brevi.
Finora infatti sono 16 su 21 le leggi regionali approvate per attuare il piano casa, in territori che inglobano il 77% della popolazione italiana. Ma il problema rimasto è quello di rendere operativi i procedimenti burocratici: non sono molte le regioni che hanno già adottato le procedure e gli strumenti necessari per presentare le richieste di ampliamento e chiedere i permessi per costruire. Mancano le delibere attuative delle leggi regionali e quindi il via libera da parte dei Comuni che normalmente si prendono almeno tre mesi di tempo per poter decidere in materia.
Si allungano dunque i tempi per sbloccare il piano casa e dare nuovo impulso all’edilizia.
Infatti, come dimostra un’indagine pubblicata lunedì 9 da IlSole24Ore, solo ora l’intesa nazionale sul piano, declinata già a livello regionale, sta approdando nei consigli comunali. Un passo necessario, perché chi vorrà portare avanti i lavori beneficiando del piano casa, dovrà proprio far riferimento alle norme stabilite a livello comunale.
Ma c’è di più: in caso di delibera emanata dai Comuni, la sua ricerca è difficilissima. Complicato trovarla sui siti degli enti locali, complicato trovare qualcuno che possa fornire indicazioni in materia.
Sempre IlSole24Ore dimostra come i capoluoghi di provincia che hanno già deliberato una normativa su questo tema sono 31 su 47 e nel loro lavoro di attuazione hanno più che altro specificato le aree dove il piano casa non può essere applicato per tutelare zone a rischio idrogeologico o con particolari requisiti ambientali. È il caso della riviera di Rimini, delle aree verdi dichiarate patrimonio ambientale a Perugia. O ancora: il divieto di fare l’espansione del business su edifici di rilevanza storica, come per i palazzi degli anni ‘30 di Bergamo. Venezia, dal canto suo, non ha proprio deliberato il piano casa, stante la specificità della sua posizione, mentre a Verona vengono tutelate le ville liberty e i parchi; Belluno ha ampliato lo sconto del 20% sugli oneri per gli interventi di bioedilizia. E si potrebbe proseguire a lungo.
Quello che sembra di capire è che la scossa al mercato immobiliare prevista nei progetti del governo non arriverà. O comunque non in tempi brevi.
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